Un Giornalista nella Rete

Nel nome di Lorys, oggi come dieci anni fa

“Quando il silenzio mi dà un senso di vuoto, vorrei sentire la sua voce…” mi scrive Davide Stival con poche parole che mi tolgono il fiato. Perché è ancora vivo il ricordo di suo figlio Lorys, nonostante siano passati dieci anni da quando il suo bambino non c’è più. Dieci anni che sembrano un soffio amaro, da quando Lorys ha perso la sua piccola vita, portata via da chi avrebbe dovuto proteggerlo: dalla madre, Veronica Panarello. Ancora oggi non sapremo mai che cosa sia accaduto realmente in quella casa di Santa Croce Camerina la mattina del 29 novembre 2014; cosa possa aver spinto quella donna a compiere il gesto più disumano, contro natura, spietato, che si possa immaginare.

Si è cercato un movente nella mente di Veronica, nelle sue frustrazioni, nel suo passato di figlia e sorella forse trascurata. Si è scavato nelle relazioni affettive dei suoi genitori.

Eppure nessuno potrà mai rispondere alla domanda: perché lo hai fatto, Veronica? Perché hai stretto al collo di tuo figlio delle fascette di plastica da elettricista e gli hai tolto il respiro? Perché te lo sei caricato sulle spalle e lo sei andato a gettare sul fondo di un canale in cemento, in mezzo alla campagna poco fuori paese?

Conosco questa vicenda in ogni suo piccolo passaggio, me ne sono a lungo occupato per Quarto Grado, ho letto le oltre seimila pagine degli atti un infinito numero di volte. Ho scritto con Davide Stival, il padre di Lorys, un libro in cui dimostra parola dopo parola la sua delicatezza, tanto da immaginarcelo – giovane papà – mentre gioca con Lorys e il figlio più piccolo, con la sensibilità che lo contraddistingue. Me lo sono immaginato mille volte, seduto in quel salotto con i figli e con la moglie di cui era innamorato, con cui aveva scelto di costruire una famiglia e una vita fin da quando erano poco ancora adolescenti.

Perché lei ha voltato le spalle ai suoi cari?

Ancora di più, ancora peggio: perché dopo un delitto simile ha continuato a infierire persino sulla memoria del figlio, negando tutto, provando prima ad adombrare dubbi su – inventate – presunte cattive frequentazioni del marito, su piste esterne, fino alla peggiore teoria, quella di una relazione con il suocero – il padre di Davide, nonno di Lorys – che quindi avrebbe lui ucciso il nipote perché scomodo testimone di una relazione torbida?

Quest’ultima tesi è stata la peggiore, la più dissacrante. Ha rovinato di nuovo la vita di tutti, ha esposto un nonno – innocente, come è stato provato dopo mesi e mesi di indagine che hanno scandagliato ogni minimo aspetto – ai sospetti e alle maldicenze.

Ha ferito un uomo, Davide, che contemporaneamente stava affrontando la perdita di un figlio, la colpevolezza della moglie e stava anche iniziando a crescere da solo il fratellino di Lorys che aveva solo tre anni in quel momento.

Perché? Non sono mai riuscito a trovare una risposta. Nonostante tutto, nonostante i giorni passati assieme a Davide, nonostante le nottate passate al telefono con lui.

Perché? Dieci anni fa non ero padre, pensavo di poter capire lo stesso il dolore di Davide. Oggi, ora, lo sono. E ho capito invece che quel dolore è ancora più forte di quello che immaginavo, perché un figlio è una parte di te, la parte più sensibile ed emozionante. E ancora di più i dubbi mi tormentano, qualsiasi “movente” mi pare impossibile.

Eppure tutto è successo, davvero, dieci anni fa. Che cosa rimane ora? Rimane Veronica Panarello chiusa in un carcere, dal quale spero prima o poi vergherà una lettera spiegando tutto, chiedendo scusa per il Male che ha fatto.

Rimane un figlio, che tutti noi dovremmo proteggere con il suo diritto all’oblio.

Rimane Davide, persona che mi ha, ci ha insegnato tanto. Amico sincero, ragazzo d’oro che non avrebbe meritato nulla di tutto questo ma che continua a vedere la luce in fondo al tunnel. E quella luce ha il nome del suo bambino che non c’è più. “Nel nome di Lorys” si chiamava il nostro libro ed è ancora così, ancora nel suo nome dobbiamo interrogarci, riflettere sulla genitorialità, sugli attimi da non sprecare, sulle colpe dei genitori che non devono ricadere sui figli.

E poi, alla fine o forse all’inizio di tutto, rimane lui: Lorys. Che ci sembra di aver conosciuto, mentre recitava le tabelline, sbagliava e si correggeva ridendo in quei video dolci che ne hanno fissato la memoria e l’immagine.

Rimane lui. Oggi ancora di più, di nuovo, nelle parole scritte da Davide per ricordarlo al riparo da interviste e telecamere:

“Non sembra vero che siano passati dieci anni così velocemente, sembra ieri. Il ricordo di mio figlio Lorys è vivo: è stato e sarà sempre al mio fianco, lì dove posso appoggiarmi quando perdo l’equilibrio.

Quando il silenzio mi dà un senso di vuoto, vorrei sentire la sua voce…  ma so con certezza che la mia mano non l’hai mai mollata.. Alzo gli occhi al cielo, osservo le stelle e ti penso”.

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