Serena Mollicone, un delitto che chiede Giustizia da quattordici anni

Cinquemiladuecentodiciannove giorni senza colpevole. Poco più di quattordici anni da quel 3 giugno del 2001 in cui Serena Mollicone venne ritrovata senza vita in un bosco vicino ad Arce, il paese in provincia di Frosinone in cui viveva con la sorella Consuelo e con il papà Guglielmo.

Il suo assassino non ha ancora un volto, eppure le indagini sembrano essere purtroppo destinate a finire, dopo che la Procura di Cassino ha chiesto di archiviare l’inchiesta su questo giallo dalle tinte rosse come il sangue. Un mistero che non fa chiudere occhio a chi purtroppo non ne ha semplicemente sentito parlare in tv, ma ne ha vissuto sulla pelle i momenti più bui, le speranze ad ogni svolta annunciata e poi le delusioni, i dolori. Le sofferenze, incominciate d’improvviso in quegli inizi dell’estate del 2001 e non ancora sopite, graffianti come i dubbi di questa vicenda.

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Serena scompare venerdì primo giugno di quell’anno: ha un appuntamento con Michele, il fidanzato, alle due del pomeriggio. Ma non si presenta. Dopo 48 ore viene ritrovata senza vita: un’unica ferita alla tempia sinistra, un sacchetto attorno la testa. Il colpo – dirà l’autopsia – non è stato letale: Serena – morta per asfissia – poteva salvarsi.

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Buon compleanno Quarto Grado

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Ci siamo. Cinque anni sono passati dalla prima puntata di Quarto Grado. Era il 7 marzo del 2010 e pareva impossibile, allora, provare a fare informazione in prima serata con un programma interamente dedicato alla Cronaca, di quella con la maiuscola: i casi “duri”, la cronaca giudiziaria, i gialli irrisolti. In molti ci avevano provato, esperimenti durati spesso poco più di un battito di ciglia. Ora toccava a noi, una squadra mista, composta di giovani cronisti ed esperti inviati. Pochi forse, nel numero, ma con una grande carica, tanto entusiasmo.

Era gennaio quando mi dissero di quel nuovo programma e mi chiesero se volevo farne parte. Volai a Milano per conoscere Siria Magri, una vita da conduttrice e caporedattrice a Studio Aperto. Una che la cronaca e la passione per questo lavoro ce le ha dentro, amori che pulsano forti, fin quasi a poterne sentire il battito.

A reggere le fila della redazione trovai Rosa Teruzzi, con cui avevo già lavorato a Verissimo. Una penna fina, una che di misteri se ne intende, a furia di scrivere romanzi gialli che parlano – chissà chi sarà poi – proprio di una giornalista che ha iniziato giovanissima e che ha un fiuto della notizia così spiccato da essere chiamata “Lessie”: “vai, e porta l’osso a casa” le dicono i colleghi.

La prima puntata la ricordo ancora. Il viaggio alla scoperta della storia di Matilda, una piccola vita persa senza che ad oggi – a dieci anni di distanza – ci sia un colpevole. E poi, uno dopo l’altro, i vari casi che avevano colpito il Paese: Novi Ligure, Cogne, Garlasco.

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