Valentina Salamone, altri sei mesi di indagini

In un mestiere in cui – per forza di cose – le notizie che capita di dare sono spesso brutte e hanno a che fare con la sofferenza delle persone, oggi finalmente una “buona” nuova.

Ed è una notizia che racconta della speranza di una famiglia, una speranza che può continuare a bruciare come una solida fiammella, per altri sei mesi e – ne sono convinto – continuerà a farlo ancora per molto. Sei mesi, come quelli concessi di proroga alle indagini sull’omicidio di Valentina Salamone.

è sua la famiglia che può continuare a sperare, quella di questa ragazza di soli diciannove anni portata via da qualcuno che conosceva – chi sia stato sarà la Giustizia a dirlo, prima o poi – nell’estate di quattro anni fa. Qualcuno che le ha tolto la vita e ha simulato una impiccagione, per far credere che Valentina avesse deciso di andarsene di sua spontanea volontà, magari – come ha detto qualcuno – “perché le cose in famiglia andavano male”.

In questi anni i genitori, le sorelle e il fratello di Valentina (come anche le sue amiche), hanno dovuto sopportare ogni affronto e l’hanno fatto in silenzio, con discrezione. “Si è uccisa per colpa del padre, glielo devi dire” mi ha detto con la rabbia di un animale ferito, puntandomi un dito contro, uno di quegli “amici” che erano con lei l’ultima sera di vita di Valentina. Uno dei tanti ragazzi che – ne sono convinti gli inquirenti – sanno molto di più di quanto hanno raccontato.

Nessuno di loro ha collaborato come avrebbe dovuto, nelle indagini, ma qualcuno, stranamente proprio gli ultimi che hanno visto Valentina quella sera, ha trovato la voce per attaccare la famiglia, per scaricare su di loro il peso morale di quel “suicidio”. Che suicidio non è. Ora è omicidio, scritto nero su bianco, con un inchiostro che fa male. L’inchiostro di una penna che per anni non voleva scrivere. Nessuno credeva alla famiglia, che chiedeva Giustizia. Le indagini erano arenate, ferme su una scrivania. Se non fosse stato per il lavoro di un giovane avvocato di Catania, Dario Pastore, che è riuscito a leggere tra quelle lacrime e a mettere ordine nei racconti dolorosamente spaesati dei familiari e tra i mille indizi che loro erano in grado di dare, chissà cosa sarebbe successo. Una battaglia vinta anche da Quarto Grado – quella della riapertura delle indagini e del proseguo in direzione “omicidio” – una trasmissione che si è battuta a lungo a fianco di questi genitori. è questo il potere “buono” della tv: ricordo ancora quando ho conosciuto i genitori di Valentina per la prima volta, avvertito da una collega di una piccola tv locale, Agnese Virgillito. Nessuna trasmissione si era occupata di loro prima. Nessuno gli credeva. Ho letto le carte, ne abbiamo parlato in redazione, ho fatto una promessa a Pina e Nino, persone uniche e speciali, davvero, credetemi. Non ne faccio, di solito, di promesse. Ed ecco che siamo riusciti a portare quella loro Storia in trasmissione. Ecco che abbiamo scoperchiato un vaso di pandora di errori clamorosi nelle indagini, contraddizioni di quei presunti “amici”. Fino ad un arresto. Poi le cose sono andate diversamente, perdendosi tra cavilli tecnici delle perizie e nei corridoi dei Tribunali. Quell’uomo è uscito dal carcere, per poi rientrarci pochi mesi dopo con un’altra accusa, quella di spaccio di droga. Non importa se sia lui il colpevole di omicidio. Per la Giustizia ora non lo è e bisogna rispettare questo dato di fatto. Ma ora, con la proroga delle indagini e un lungo elenco di cose da fare, siamo sicuri che si possa davvero arrivare non ad “un” colpevole ma ad individuare “il” colpevole. Quello che ha tolto la vita a Valentina Salamone. Lei non c’è più, e sembra quasi blasfemo parlare di una “buona” notizia quando si commenta una morte. Ma questa, oggi, per la famiglia Salamone e per chi gli vuole bene, credetemi, sarà una bella giornata. Una giornata di speranza. Una speranza che come quella fiammella non deve spegnersi.